Cenerentola corre verso il futuro


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i Dante Balbo



“Le politiche sociali per la famiglia, o politiche familiari, hanno una storia relativamente recente, che può essere fatta iniziare, e limitatamente ad alcuni Paesi europei, soltanto negli anni attorno al 1930. Le ragioni di questo ritardo sono riconducibili essenzialmente a due ordini di motivazioni.

Da una parte il nascente Welfare State (o “Stato sociale”, od anche “Stato del benessere”) solo tardivamente si è misurato con le problematiche familiari in quanto inizialmente preoccupato essenzialmente del sostegno agli individui (più specificamente degli individuilavoratori prima e degli individui-cittadini poi) e caratterizzato al suo interno da un’ottica individualistica, come tale disattenta alle varie espressioni del corpo Sociale e delle formazioni di base, prima fra tutte la famiglia. Solo in un secondo tempo ci si è resi conto dell’impossibilità di considerare gli individui come “singoli”, se non come “atomi”, e della conseguente necessità di farsi carico, contemporaneamente ed insieme, degli uomini, delle donne, dei bambini e delle loro famiglie, passando così da una logica individualistica ad una logica comunitaria.

La fase iniziale del Welfare State poteva sembrare, almeno ad un’osservazione superficiale, che la famiglia non dovesse formare oggetto di particolari e specifici interventi perché si trattava di una sfera della vita privata nella quale la società non avrebbe potuto né dovuto entrare. La concezione di famiglia allora dominante, e legata ad una visione borghese che la considerava come luogo esclusivo ed eminente del “privato”, induceva a guardare con estrema diffidenza a ogni intervento che sembrasse interferire con la vita interna della famiglia: area che, si pensava, doveva rimanere del tutto al di fuori della sfera d’intervento dello Stato e, in generale, delle istituzioni”.

Così si introduce nel tema delle politiche famigliari il professor Giorgio Campanini, docente presso la facoltà Teologica di Lugano, in un interessante testo sintetico sull’argomento, dal titolo “Le Politiche Famigliari Oggi”, edito dalle edizioni San Paolo.

Mi sembra importante riproporre il tema all’inizio di un secolo che sicuramente avrà fra le sfide più importanti da affrontare la revisione dello stato sociale e l’integrazione della famiglia nella società post-moderna.

Il libro del sociologo italiano, infatti, al di là delle proposte concrete che sviluppa in relazione alla realtà della vicina penisola, propone un’analisi che getta una luce interessante sui diversi modelli sociali e antropologici che sono sottintesi nella scelta degli interventi a favore o a danno dell’istituto famigliare.

Questa operazione di approfondimento e di revisione dei principi che regolano l’organizzazione e il pensiero sullo stato sociale e sul ruolo della famiglia nella costruzione di una società a misura d’uomo, è ancora più necessaria in un momento in cui tutto sembra determinato dai tagli che forzatamente si devono fare allo stato assistenziale.

La tesi dello studioso d’oltre frontiera, si sviluppa in cinque capitoli ed una conclusione, accompagnati ciascuno da una bibliografia ragionata ed aggiornata scelta fra la moltitudine di testi sulla famiglia e i suoi mutamenti conseguenti alle rapide trasformazioni dell’età moderna.

Partendo da un’analisi storica degli eventi politico-sociali dell’ultimo secolo, il professor Campanini sostiene che la famiglia e le politiche ad essa dedicate è stata penalizzata da due concezioni contrapposte, ma che hanno avuto singolarmente esiti simili.

Da un lato il liberalismo che concepiva la famiglia come un dominio della sfera privata e quindi riteneva gli interventi dello stato o inutili intrusioni nell’intimità domestica o semplici prese d’atto del mutamento sociale, come nel caso delle leggi riguardanti lo scioglimento dei matrimoni o l’interruzione volontaria della gravidanza.

Dall’altro versante l’ideologia socialista che concepiva la famiglia come un retaggio della società borghese, destinata ad essere superata dalla società socialista e quindi riteneva addirittura dannosi gli interventi a favore della famiglia e conquiste sociali il diritto al divorzio o all’aborto.

Il risultato è stato una consegna al privato e poi al controllo delle lobbies economico-mediatiche di temi fondamentali come i legami interpersonali e la responsabilità verso le generazioni future.

In concreto per esempio la denatalità che ha investito tutto l’occidente rischiando di mettere in gioco l’intero assetto sociale ed economico e scaricando sulle giovani generazioni i costi altissimi di una società a maggioranza anziana.

Lungi dal costituire un elemento di liberazione, la fluidità delle famiglie di fine secolo, con l’intrecciarsi di padri, madri e figli diversi che si rimescolano in differenti unioni più o meno stabili, diventano un preoccupante costo sociale, soprattutto per le conseguenze che ne derivano per i figli.

Il quadro non sarebbe completo se accanto a questi dati allarmanti non si notassero anche segni importanti di speranza e possibilità di reale trasformazione dei problemi in risorse sia per la famiglia che per la società.

Da una parte per esempio è di questi ultimi vent’anni la internazionalizzazione non solo dell’economia, ma anche dell’attenzione al sociale, si pensi alla Carta dei diritti del Bambino o alla Carta dei diritti della Famiglia.

La famiglia ha manifestato energie insospettate e anziché crollare sotto il peso della liberazione socialista o della privatizzazione liberale si è ripresentata come un ideale ancora importante per le giovani generazioni e un elemento di forza per ripensare le politiche sociali.

Il terzo settore ha nella famiglia un grosso serbatoio di cultura solidale e di reale disponibilità e creatività.

Le associazioni famigliari sono oggi qualcosa di più di gruppi di brave mamme che si interessano dei loro bambini a scuola, senza togliere nulla all’impegno delle madri nella scuola, ma si propongono come vero e proprio interlocutore politico e soggetto capace di proporre disegni di legge in un’ottica realmente famigliare.

Si potrebbe pensare che la difesa della famiglia fosse necessaria per conservare un “valore tradizionale” allo stesso  modo in cui si tenta di salvare i Panda o le foche monache in Sardegna.  Ripensare alla famiglia come soggetto del nostro futuro sociale e personale, non significa affatto riproporre il modello di famiglia patriarcale preesistente o la famiglia borghese con tutte le sue ipocrisie e falsificazioni, né cercare un rifugio intimistico dal caos della modernità e della complessità relazionale.

Occorre invece prendere atto di quelle peculiari caratteristiche della famiglia che sono indispensabili a costruire una società vivibile.

Il professor Campanini ne identifica almeno tre:

1. La prima e fondamentale funzione - insieme pubblica e privata - è quella di essere luogo fondativo e rivelativo dell’alterità e dunque, in senso lato, della socialità. La relazione uomodonna e poi quella genitorifigli e, infine, dei fratelli fra loro, sono tutte fondamentali esperienze di incontro con l’altro e di riconoscimento dell’altro. Questo riconoscimento dell’altro deve avvenire nella forma pubblica del diritto, il quale, a ben guardare, non è che l’organizzazione e la definizione di un sistema di relazioni; ma trova il suo fondamento prima in questa quasi naturale e istintiva forma di riconoscimento dell’altro nella famiglia. Essere padri e madri, figli o fratelli significa essenzialmente comprendere questa alterità, misurarsi con essa, cercare e trovare in questo confronto la propria stessa identità.

2. Una seconda e fondamentale funzione della famiglia è quella di essere luogo della gratuità. Mentre le relazioni sociali sono, e non possono non essere, intessute tutte della reciprocità dei diritti e dei doveri, la famiglia, almeno quella autentica, conosce l’esperienza forte della gratuità, e su di essa si regge. Già alle radici ultime dell’amore sta l’attitudine al dono, all’offerta completa di sé all’altro. Ma alla stessa logica corrisponde il dono della vita, lo stile del servizio agli altri, la capacità di prendersi cura dell’altro e di sacrificarsi per l’altro non in nome di una rigida suddivisione di diritti e di doveri, ma, appunto, nella logica del dono. In questo senso, nella famiglia si è, o si dovrebbe essere, compresi ed accettati per quello che si è, e non per quello che si fa o che si rende. Qui si fa l’esperienza della gratuità e del dono, cosa che arricchisce la società di risorse che la struttura economica e mercantile non riesce invece a produrre.

3. Terzo aspetto della vita interna della famiglia, molto rilevante per la società è quello della sua attitudine alla solidarietà, nel senso di un disinteressato farsi carico e prendersi cura dell’altro, soprattutto dell’altro in condizioni di debolezza, di malattia, di disagio, di difficoltà. Vi è una solidarietà che nasce dall’attesa di una corrispondenza (essere solidali oggi con chi sarà solidale con noi domani), e vi è una solidarietà pura e disinteressata che nasce semplicemente dall’amore e dalla pietà; ed è questa la preziosa caratteristica della solidarietà familiare.”

Sono queste tre ragioni, direttamente estratte dal quarto capitolo del testo del professor Campanini, sufficienti a dare effettivamente diritto di cittadinanza alla famiglia nella costruzione del mondo del terzo millennio.

Se la classe politica riuscirà ad uscire dalla logica dell’urgenza della riforma dello stato sociale per ragioni di ristrettezza economica per allargare lo sguardo alla formazione di una società vivibile ed umana, la famiglia smetterà di essere la cenerentola costretta a portare le scarpe strette dell’intimismo privato o dello stato erogatore di benefici, per diventare la regina del castello, o, almeno, una principessa fra i nobili attori della società di inizio millennio.